Chi Sono

Il mio sguardo e la mia arte, nel tempo, hanno definito in modo versatile forme dedicate ad incarnare l'unione tra il mondo spirituale e materiale. Tra la percezione dello spazio, del vuoto e della luce, e l'ambizione a congiungerci con le nostre ambizioni di bellezza, armonia, conoscenza attraverso lo stupore dell'arte.

Nelle mie opere vive il desiderio continuo della ricerca, della pausa di contemplazione in cui gli occhi fissano un punto e cominciano a definire spazi e geometrie che creino una "ampia definizione".

Ho iniziato il mio percorso come artista attraversando l'oreficeria, la scultura, la fonderia artistica e la fotografia

Vivo e lavoro tra Roma e il mio studio di scultura a Castiglione della Pescaia (Grosseto). 





Alcune volte ci si sofferma nel tentativo di percezione del linguaggio proposto, in altre ciò è di assimilazione spontanea.


In un presente dove tutto è in accelerazione, scandito sempre meno da attimi di pausa, quest’ultima sembra privilegio di pochi. Ho sempre nutrito il desiderio della pausa contemplativa della ricerca, del momento in cui i tuoi occhi fissano un punto lontano, senza mettere a fuoco nulla mentre il tuo intelletto, nel contempo, visualizza ciò che cresce dentro, intima visione che dal profondo risale il percorso vitale per raggiungere il palcoscenico della mente e i tuoi occhi continuano a fissare quel punto invisibile, parte integrante di quell’immaginaria linea retta protesa verso tutto e verso niente.


Tutto questo avviene nell’immobilità del corpo, donatore generoso, che senza pretese concilia il raggiungimento della visione interna e quando questo avviene, nasce la certezza di essersi nutriti. Nutrimento fecondo che bussa alle pareti del tuo addome, che richiama la mente e propone alle mani l’estrema necessità di materializzare, di rendere possibile la visione nascosta agli occhi come presenza prossima. 


Il mio linguaggio.

Ho la possibilità di presentarlo nel silenzio severo dei miei lavori, portavoce del mio immaginario. Ho la possibilità di proporre una pausa, di poterla donare… pausa lunga o breve dipende da noi, nel momento in cui il gioco essenziale privo di eccedenze tra i volumi proposti termina, subentra la consapevolezza della precarietà, la consapevolezza che tutto è sorretto da poco, e nel mentre, la pausa, come un acquarello, sfuma dalla sua apnea per trasformarsi in incredula certezza. 

Ho voluto presentarmi attraverso la metafora delle mie sensazioni e dei miei desideri. Ho voluto ricordare l’importanza della pausa che si estende a molto di più di tutto questo, ed ognuno di noi sa quanto. In questo momento avrei il desiderio di poter toccare con le mani queste righe che si stanno materializzando davanti a me perché dentro di me sento bussare, ma la verità è che ognuno di noi deve raccontare qualcosa attraverso l’ampia definizione dell’arte che ad ognuno appartiene.

Io, attraverso le mie sculture ricerco "l’ampia definizione" nel tentativo di migliorare il racconto, di migliorare il materializzato che altro non è che l’unione tra due mondi, lo spirituale e il materiale, tra ciò che siamo e proviamo e ciò che cerchiamo di essere, tutto senza finzioni.

Percepire il proprio corpo nello spazio e visualizzare l’ingombro, non più forme chiuse che delimitano il volume, ma proiezioni che si dilatano e propongono nuove prospettive. 

Geometrie pulite e prive di eccedenze presentano teatralmente il materico, ingannando lo sguardo veloce che immagazzina il fotogramma chiuso, ma la profondità del desiderio di penetrare il dettaglio innesca il meccanismo dilatativo. 

I piani si collegano, prolungamenti invisibili disegnano nuovi volumi, si allacciano, condividono binari immaginari: il vuoto prende forma e lascia un segno, regala alla percezione la certezza di aver vissuto una nuova esperienza.

Come il ricordo di un’esperienza vissuta propone la messa a fuoco di immagini lontane, come la mente si muove per visualizzare il ricordo, il vuoto si propone volume (àncora visiva dell’inconscio) àncora che trattiene peso, il vuoto diventa materia e la materia diventa il pretesto che da vita al vuoto. 

Fessure e tagli di luce diventano unico contatto visivo riaprendo la struttura alla chiave di lettura del fotogramma chiuso.

Patrizia Murazzano 

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